Donna &Donna - Il giornale delle ostetriche n°84, Scuola Elementale di Arte Ostetrica
Allattare
al seno è la cosa più naturale, ma ne siamo davvero convinti?
Nell’era
del parto tecnologico che ci vuole persuadere che le donne non sanno più partorire
e che il pediatra sa prendersi cura di un bambino meglio di sua madre,
allattare un neonato al seno è tanto strano e difficile quanto avere una
nascita serena e rispettosa.
Viviamo
in una società disturbata che non rispetta la natura, che aggredisce il corpo
alla ricerca di un’eterna giovinezza, che programma e controlla la nascita più
che accoglierla, che promuove la “connessione” più che il contatto e allora
viene spontaneo chiederci: “Oggi è davvero così facile e spontaneo per una
madre attaccare il proprio bambino al seno e nutrirlo con il suo latte?”
Tutt’altro.
Sappiamo bene quanto il modello sociale e il contesto familiare e di rete
giochino un ruolo fondamentale nell’indirizzare e sostenere le scelte della
donna riguardo alla gravidanza e alla nascita e non meno sono importanti nella
cura e nell’alimentazione del bambino, ma, riguardo all’allattamento, tutto il
contesto appare spesso alquanto confuso.
La
società odierna bersaglia le donne di messaggi discordanti e contraddittori e,
purtroppo, i primi a farlo sono proprio gli operatori della salute, coloro che
la dovrebbero accompagnare nel percorso nascita. Quanti ginecologi ripetono “Cara
signora, lei è incinta, non malata!”mentre consegnano ricette piene di analisi
e integratori? Quanti pediatri dopo il parto porgono alla madre che allatta al
seno il libretto di dimissione del neonato con su scritto “se il suo latte non
dovesse bastare…”e aggiungono l’immancabile marca di latte artificiale? Nel
corso della maternità, la storia si ripete ciclicamente; da una parte si dice
alla donna che ha tutte le risorse per partorire e per allattare, dall’altra le
si manda il messaggio che potrebbe non farcela e, per quel che riguarda
l’allattamento al seno, si sostiene tutto e il contrario di tutto.
L’OMS
promuove l’allattamento a richiesta? La società risponde alle donne che questo
le rende schiave del loro bambino e che così perderanno la loro autonomia.
L’ospedale
offre il roaming-in? L’amica lo sconsiglia “dopo il parto sarai distrutta!”
L’ostetrica
sostiene di pesare il bambino una volta alla settimana? Il pediatra dice di
fare la doppia pesata.
Le
ricerche dicono che si può allattare oltre l’anno di vita? Lo psicologo
risponde che è segno di un attaccamento morboso da parte della madre e che
impedisce lo sviluppo dell’autonomia del bambino!!!
L’ambito
familiare poi, spesso non è da meno nel proporre soluzioni alternative al seno
materno. Le madri di oggi sono perlopiù “figlie del latte artificiale”. Le loro
madri hanno vissuto appieno il boom culturale degli anni ’70 che vedeva il
latte in formula come il miglior strumento per liberare la donna dalla
dipendenza del bambino e coniugava l’emancipazione femminile con il guadagno
economico delle case produttrici. Quante donne sentono dirsi dalla propria
madre “Sì, tu sei cresciuta col latte artificiale, ma non sei mica morta, anzi
sei venuta su piuttosto bene!”
La
donna che vuole allattare, oggi, viene confusa, scoraggiata e vede messe in
discussione le sue competenze e le sue risorse di madre da un ambiente sociale
e familiare fortemente stressogeno, in cui la sua capacità di sopportare o
contrapporsi alle forti pressioni esterne è determinata principalmente dalla
sua modalità di reagire e di adattarsi agli eventi, ovvero da quello che, nel
modello salutogenico[1]
di assistenza, viene definito coping.
IL
COPING: LA FORZA PER ALLATTARE
Nel
periodo primale, che va dal concepimento al primo anno di vita, ogni individuo
forma il suo Sistema di Adattamento Primale[2]
che determina la sua capacità di reazione e la sua soglia di tolleranza allo
stress. Pertanto, sin dalla nascita, ciascuno di noi possiede un proprio
bagaglio di risorse che definisce il modo di approcciarsi alla vita e di
relazionarsi con essa, proprio di ogni persona. Gli studi sulla salute primale
hanno ampiamente evidenziato come in ogni persona il coping, ovvero la capacità
di reagire e di adattarsi agli eventi, sia determinato dalla soglia di tolleranza
allo stress, dalla capacità reattiva e dal senso di coerenza, che, a sua volta,
è costituito da tre fattori:
-
La “prevedibilità”, cioè la capacità di
comprendere ciò che accade e di poterlo inserire in un proprio schema mentale;
il dare ordine alle cose per orientarsi nel mondo. Più forte è questo senso,
maggiore è la capacità della persona di affrontare le incognite.
-
La“gestibilità”, cioè la sensazione di
avere il controllo sugli eventi e sull’ambiente (gestibilità dell’ambiente e
delle risorse), che è data dalla consapevolezza di possedere risorse proprie
per affrontare gli stimoli provenienti dall’ambiente e dalla vita. E’
fortemente legata all’autostima, incrementata dalla partecipazione attiva agli
eventi e inibita dalla passività.
-
Il “
senso del profondo”, cioè la capacità di percepire ciò che accade a livello
emozionale; dare un significato alle cose
spinge la persona ad impegnarsi nella vita, ad essere attiva e a partecipare
agli eventi decisionali e questo, a sua
volta, accresce nell’individuo il
proprio valore, perché riconosciuto a livello sociale. Credere in qualcosa
porta l’uomo a lottare, ad impegnarsi e a lasciarsi coinvolgere.
Sulla base di
questi tre fattori, quando è forte il senso di gestibilità l’individuo sviluppa
un coping trasformativo, cioè una
buona tolleranza ai cambiamenti e un continuo adattamento ad essi, ovvero la
capacità continua di trasformare la propria persona, quindi di evolversi e di
avere un atteggiamento attivo nei confronti della vita. Di contro, si parla di coping regressivo, quando il senso di
gestibilità è debole e la persona vede qualsiasi cambiamento come una potenziale
minaccia per la propria sicurezza. L’individuo allora si sente vittima degli
eventi, si chiude in un atteggiamento di passività e delega ad altri le proprie
scelte, perché privo degli strumenti necessari ad affrontare il momento.
Questa breve digressione
è finalizzata a spiegare come, nell’ambito del diventare madre, l’allattamento
al seno rappresenti una delle tante situazioni di scelta che mettono a dura
prova il coping materno, e come anche quest’esperienza, così come la gravidanza
e il parto, possa essere vissuta dalla donna con un atteggiamento di delega
passiva o attivamente come un momento di crescita e di promozione della salute.
Nel contesto
sociale attuale, che ha sostituito la scienza all’istinto e che mette in
discussione ogni risorsa del corpo materno, si può facilmente comprendere come
l’esito dell’allattamento dipenda fortemente dalla capacità della donna di far
emergere il proprio senso del profondo e di contrastare le pressioni esterne,
ovvero dal suo possedere un buon coping e una buona consapevolezza delle
proprie risorse.
L’ostetrica in
tal senso può svolgere un ruolo determinate durante tutto il percorso della
nascita, offrendo un’assistenza che, promuovendo la fisiologia, miri a far
emergere e confermare le competenze materne e che, attraverso l’ascolto attivo
e l’informazione, possa sostenere le libere scelte della donna.
LA RETE: UNO
STRUMENTO PER ACCRESCERE IL COPING MATERNO
I corsi
prenatali e gli incontri post nascita, rappresentano due importantissime
occasioni di crescita e di rafforzamento del coping e dell’autostima materna.
Ricevere informazioni corrette, confrontarsi con altre donne e sperimentarsi
nel lavoro corporeo sono dei validi strumenti per confermare e rafforzare le
competenze materne e stimolare quindi, nella donna e nella coppia, una scelta
personale e consapevole.
Nella mia
esperienza consultoriale, l’allattamento è uno dei temi che più le donne
desiderano affrontare e forse quello su cui hanno le idee più confuse e,
sebbene in vista della nascita, non abbia senso dar loro troppe informazioni
perché non sarebbero recepite, trovo molto utile affrontare questa tematica
negli incontri di coppia.
Il partner,
infatti gioca un ruolo decisivo nella riuscita dell’allattamento al seno,
poiché se informato e motivato rappresenta il più grande sostegno per la donna;
al contrario se non coinvolto e soprattutto se non consapevole delle risorse di
madre e bambino, può costituire un ostacolo molto difficile da superare per la
donna, se non addirittura insormontabile.
Come uomo, infatti,
può non conoscere i meccanismi fisiologici che vedono l’allattamento al seno
come fonte di sopravvivenza della specie umana e il latte materno come alimento
perfetto per il cucciolo di uomo e come padre è inevitabilmente investito di
quel ruolo di garante della protezione e del benessere di madre e bambino, che,
non meno della donna, lo porta ad essere vittima delle pressioni sociali e
familiari.
Lavorare
insieme, uomo e donna, dar loro modo di confrontarsi, di sperimentarsi con le
proprie risorse e con i propri limiti, stimolarli a rinnovare la condivisione e
la complicità nelle decisioni non può che accrescere le loro competenze e la
loro autostima come coppia e come genitori e renderli capaci di sostenere le
proprie scelte di fronte al resto della rete familiare e sociale.
Per la donna, i
corsi pre e post parto sono anche un’opportunità per poter ampliare la propria
rete sociale, un luogo dove conoscere e confrontarsi con altre donne, dove
condividere esperienze, creare nuove amicizie e costituire quel gruppo di pari
all’interno del quale lasciar fluire le proprie emozioni e trovare nuove
energie.
E’ importante,
tuttavia, considerare che anche l’esperienza del parto, quale momento di
possibile rafforzamento o svilimento delle competenze materne, può condizionare
in positivo o in negativo, non solo la fisiologia dell’allattamento, ma anche e
soprattutto la convinzione della donna di essere in grado di poter nutrire il
proprio figlio. Più la gravidanza e la nascita saranno state rispettose di madre
e bambino, più la donna sarà competente nell’allattare al seno.
Nel promuovere
la salute, non dobbiamo però dimenticare che anche nell’allattamento al seno è
nostro compito, come ostetriche, sostenere la donna senza lasciarci influenzare
da pregiudizi, ricordando sempre che non esiste un’unica verità, un unico
modello giusto per tutte le donne, ma che ognuna dovrà operare la sua scelta
mediata con la propria realtà di vita.
In quest’ottica,
pertanto, è importante, per le donne e per le ostetriche, promuovere una
cultura dell’allattamento al seno, attraverso attività di informazione e di
confronto, in ciascun ambito sociale, dai luoghi di aggregazione ai posti di
lavoro, dalle famiglie ai nidi, affinché venga riscoperto e riconosciuto il
valore di questa importante risorsa biologica di salute.
Bibliografia e
Siti Utili:
-
Schmid
Verena “Salute e Nascita. La saluto genesi in gravidanza” URRA 2007
-
Raccomandazioni per la promozione e il sostegno alla’allattamento
al seno OMS/UNICEF (www.who.int/topics/breastfeeding/en)
-
Codice Internazionale per la
commercializzazione dei sostituti del latte materno OMS/ UNICEF (www.ibfanitalia.org)
-
Catanzani
Tiziana “Lavoro & Allatto” Bonomi Editore 2012
-
Schmid
Verena “ Apprendere la maternità” URRA 2010
-
Bottaccioli Francesco
“Psiconeuroendocrinoimmunolgia” Red Edizioni 2005
-
I Quaderni di D&D “Educare alla
nascita”. Scuola Elementale di Arte
Ostetrica.
-
I Quaderni di D&D “Storie di latte”. Scuola Elementale di Arte Ostetrica.
[1]
Salutogenesi, fondata da Aaron Antonovsky è un modello di assistenza che pone
in relazione la salute, lo stress e il coping, superando la dicotomia
salute/malattia, propria del modello medico.
[2]
Sistema costituito dall’integrazione del sistema endocrino, sistema
neurovegetativo, sistema immunitario
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