martedì 13 ottobre 2015

La Pillola Rosa e i desideri delle donne

Di Anna Maria Altobelli


EVEN THE SCORE (pareggiamo i conti), così si definisce un movimento femminista per il diritto delle donne alla “parità di orgasmo”. Migliaia di donne hanno fatto pressione sul congresso statunitense affinché l’ADDYI, nome commerciale del farmaco in questione, fosse approvato dalle autorità sanitarie (Food & Drug Administration) che avevano già respinto due volte, nel 2010 e nel 2013, la richiesta perché non lo ritenevano sicuro. Infatti questo medicinale, chiamato FILIBANSEINA, ha tra i possibili effetti collaterali crisi ipotensive , nausea, sonnolenza,  perdita della coscienza, come affermato dalle autorità sanitarie stesse. Non deve essere assunto insieme ad alcool, ad altri medicinali e da persone con problemi epatici.
EVEN THE SCORE potrebbe sembrare un movimento partito dal basso, ma la “coalizione” che lo guida comprende lobby finanziarie e  case farmaceutiche  come la Sprout  Pharmaceuticals che produce l’ADDYI. Queste, strumentalizzando alcuni contenuti delle istanze femministe, hanno denunciato la discriminazione di cui sarebbero state  vittime le donne se la Food & Drug Administration non avesse approvato il farmaco.
I progressi della ricerca e della medicina , come nel caso dei contraccettivi o dell’interruzione volontaria di gravidanza chirurgica e farmacologica, sono indubbiamente fondamentali per la libera scelta procreativa e libertà sessuale delle donne. Ma il femminismo non dovrebbe essere cooptato, strumentalizzato da aziende il cui obiettivo finale è il profitto e non il benessere delle donne.
Se si trattasse di una pillola che incrementa il piacere sessuale perché non usarla? Ma quello che offre l’ADDYI è meno divertente, perché agisce sul cervello invece che sui genitali e il disturbo che pretende di curare, il disturbo ipoattivo del desiderio (Hsdd), è  perlomeno sospetto. La PILLOLA ROSA agisce sui neurotrasmettitori  legati all’eccitazione, alzando i livelli di dopamina e serotonina, come per curare una carenza di tali sostanze. Viene distribuita dietro prescrizione medica quando viene diagnosticato un calo cronico o assenza del desiderio sessuale.
Tale diagnosi nasconde il malessere vero di molte donne, perché le condizioni che inibiscono il desiderio  sono quasi sempre di ordine emotivo, sociale, politico. La colpevolizzazione, gli abusi, il misoginismo, la repressione religiosa,  il dover compiacere gli uomini, una cultura legata all’idea che il sesso sia qualcosa che gli uomini fanno sulle donne piuttosto che qualcosa che due persone scambiano insieme, tutto questo e non solo priva le donne della “parità di orgasmo”.
Come scrive Rachel Hills in The sex myth: “Certo ci sono alcuni disturbi fisici-psicologici  come il vaginismo e la vulvodinia che rendono dolorosa la penetrazione, ma trovo interessante che tra tutti i problemi sessuali femminili, l’unico per il quale hanno deciso di trovare una cura sia quello di non avere abbastanza voglia di fare sesso”.
Dovremmo anche porci la domanda su chi sia autorizzato a fare tale diagnosi. La soddisfazione, il benessere nel vivere la sessualità sono percezioni molto soggettive. Stiamo parlando di esperienze che andrebbero esplorate con grande delicatezza e rispetto. Una campagna pubblicitaria spregiudicata e commerciale potrebbe indurre bisogni non autentici, fare emergere un problema là dove una donna si sentiva a proprio agio.
La definizione dell’Hsdd è una persistente mancanza di desiderio sessuale che crea malessere nelle donne o nei loro partner. O NEI LORO PARTNER! Ah questo è il punto: il farmaco non permette di avere più orgasmi, quello che fa è rendere le donne più consenzienti. La paziente tipo è stata individuata nella donna di mezza età, in fase di pre-menopausa. Ma non è proprio questa l’eterna questione? Con tutta la vergogna e il disonore di non essere più fertili, giovani, seducenti, con tutto lo stress e le preoccupazioni, il carico di lavoro fuori e dentro casa, occuparsi di figli non ancora autonomi, di anziani non più autonomi, di nipoti da accudire, come possono molte donne continuare a dire sì al sesso? Certo, possiamo sempre drogarle!
Una politica sociale che ci sollevi da questi carichi, l’emancipazione dal patriarcato, un percorso permanente di consapevolezza dei propri desideri e voglie, sono le sole “cure” di cui le donne hanno bisogno. È stato il femminismo a farci sentire padrone del nostro corpo, dei nostri desideri, a darci la forza di dire no.
Anche sull’ADDYI si prefigura un contrasto tra opposti schieramenti, dovremmo evitarlo. Piuttosto, ci troviamo di fronte ad un tema  complesso che richiede riflessione e confronto tra donne. Sarebbe sbagliato criticare coloro che useranno il farmaco, aggiungendo un ennesimo giudizio moralista sui comportamenti, sulle scelte. Se le donne saranno soddisfatte della PILLOLA ROSA, magnifico! Purché siano soddisfatti i loro desideri più veri.
Le donne hanno diritto di dire sì al sesso liberamente, ma questo diritto non vale nulla senza il diritto di dire no, di rifiutare quando non ne hanno voglia, senza essere umiliate, punite, curate, convinte di non essere normali. Non sono le donne ad essere malate, ma la società con la sua misoginia congenita e le sue aspettative contraddittorie nei loro confronti. E questa è la pillola più amara da mandare giù.

Molti passaggi e  informazioni sono tratte  da un articolo della giornalista britannica Laurie Penny, comparso sulla rivista Internazionale.

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