Condividiamo e diffondiamo
la lettera aperta dei colleghi di Milano (Alberto Donzelli, Alessandro Battaggia,
Paolo Longoni, Giulio Mariani, Luca Mascitelli, Alessandro Nobili, Gianfranco
Porcile e Alberto Aronica), la quale solleva un’importante questione emergente
dalle modifiche proposte dall’On. Gelli al testo “Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale
sanitario”:
“Attribuire per legge alle Società scientifiche la
titolarità di definire le Linee Guida per chi lavora nel SSN significherebbe
per il SSN abdicare alla sua titolarità e responsabilità di tutela della salute
dei cittadini assistiti. Per avere buone pratiche/linee guida di riferimento
nazionali è necessaria la partecipazione di esperti senza conflitti di
interesse, investimenti per formare professionisti idonei a valutare
criticamente le prove disponibili e a sintetizzarle in bozze di
raccomandazioni, da aprire ai contributi/commenti pubblici e della comunità
scientifica prima dell’adozione.
La
Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari ha stimato in circa
10 miliardi di Euro i costi della medicina difensiva attiva, cioè di quella quota di spesa
sanitaria prescritta/erogata non per necessità di cura, ma per ridurre il
rischio di contenzioso.
Un’indagine AgeNaS 2014 su 1500 medici ha registrato come cause principali
dichiarate del fenomeno una legislazione sfavorevole per i medici, il timore di
essere citati in giudizio e le eccessive pressioni/aspettative di pazienti e
familiari.
L’Onorevole
Federico Gelli, responsabile Sanità del PD e relatore in commissione Affari
Sociali della Camera del DdL sulla responsabilità professionale, si è mosso per porre un freno alla
medicina difensiva. Recependo in parte il documento di un gruppo di lavoro
tecnico che ha operato presso il Ministero della Salute, ha introdotto
emendamenti per modificare la responsabilità dei professionisti sanitari.
Tra
le principali novità, ci preme discutere quella che prevede che le buone
pratiche e linee guida cui il medico deve attenersi (per limitare un possibile
contenzioso) siano emanate dalle Società Scientifiche iscritte in apposito
elenco istituito con decreto del Ministro della Salute. Il vigente decreto Balduzzi si limita
a parlare di linee guida e buone pratiche “accreditate dalla comunità
scientifica”. Già in questa generica versione ravvisavamo alcuni rischi
potenziali, ma temiamo che la nuova più precisa formulazione possa portare a
risultati molto diversi da quanto legittimamente auspicato, per i motivi di
seguito espressi.
Gli
emendamenti di
Gelli
Negli emendamenti alle Disposizioni in materia di responsabilità
professionale del personale sanitario (QS 8-10-2015), pur apprezzabili
nell’intento, ravvisiamo gravi rischi per la sostenibilità del SSN, in questi
specifici punti:
·
6. (Responsabilità penale dell’esercente la
professione sanitaria). 1.… , nel rispetto delle buone pratiche e linee guida
adottate dalle società scientifiche iscritte in apposito elenco, istituito con
decreto del Ministro della salute, non costituiscono offese all’integrità
psico-fisica.
·
«Art. 590-ter. (Morte o lesioni come
conseguenze…). … nell’inosservanza delle buone
·
pratiche e delle linee guida adottate dalle
società scientifiche iscritte in apposito elenco, istituito con decreto del
Ministro della salute, è punibile in caso di dolo o colpa grave».
·
7. – (Responsabilità per inadempimento della
prestazione sanitaria e responsabilità professionale…)…. 3. L’esercente la
professione sanitaria… si attiene alle buone pratiche e linee guida adottate
dalle società scientifiche iscritte in apposito elenco…
Condividiamo l’intento di contrastare la medicina difensiva, per il suo
rilevante impatto economico improduttivo e i rischi per la salute di procedure
non necessarie. Pensiamo, però, che queste formulazioni non raggiungerebbero
l’obiettivo e creerebbero una situazione ancora più inflattiva e insostenibile.
Infatti, molti medici oggi prescrivono/erogano test diagnostici e
interventi sanitari in eccesso non (solo) per mancata conoscenza e in
violazione di linee guida evidence-based e
ottimizzate nelle valutazioni di costo-efficacia, ma spesso proprio perché
influenzati da pletore di “linee guida” specialistiche, spesso condizionate da:
·
a) logiche autoreferenziali
·
b) modelli di remunerazione degli attori in
sanità che creano paradossali conflitti d’interesse con la salute
·
c) relazioni finanziarie con i produttori di
farmaci, dispositivi, diagnostica.
Attribuire
per legge alle Società scientifiche (costituite in genere per tutelare gli
interessi dei cultori di ciascuna specifica disciplina) la titolarità di
definire le linee guida per chi lavora nel SSN significherebbe per il SSN abdicare alla sua titolarità e responsabilità di tutela della
salute dei cittadini assistiti, e a quella di ottimizzare a tal fine
l’uso delle risorse assegnategli dalla Società.
Le Società scientifiche hanno certamente un ruolo, insieme ad altri
attori, per costruire tali linee guida, ma nel quadro affrontato in seguito.
Perché
le Società Scientifiche non vanno lasciate sole a definire le Linee Guida
Alcuni esempi aiuteranno a comprendere.
1.
Un Presidente della Società Italiana
dell’Ipertensione raccomanda in pubblicazioni e dallo schermo di M.D.web tv Olmesartan, costoso
sartano tuttora sotto brevetto e senza prove di ridurre la
mortalità (a differenza di molti altri antipertensivi), come pressoché unica scelta (solo o associato) per
l’ipertensione e altre 18 comuni patologie. Ma anche le Società Europee
ESH/ESC, pur dichiarando “the main benefits of antihypertensive
treatment are due to lowering of BP per se and are largely independent of the
drugs employed”, non attuano valutazioni di costo-efficacia tra alternative
delle quali si presuma analoga efficacia (com’è ragionevole attendersi, ad es.,
tra la maggior parte degli ACE-i, o dei sartani, tra cui però ci sono grandi differenze
di costo per SSN e cittadini). Ma raccomandazioni per informare/orientare il
clinico che tenga alla sostenibilità del nostro SSN dovrebbero esplicitarlo.
2.
Obiettivi di glicata troppo stringenti (media
~6,6% versus ~7,6%) nel diabete T2 non si associano a chiari benefici
microvascolari, ma aumentano i rischi di mortalità
CV e totale. Ciò si palesa nelle revisioni sistematiche di RCT se si stratificano correttamente i RCT con sponsor pubblici
o no profit, sintetizzandone i risultati. Invece l’insieme dei RCT con sponsor
commerciale non rileva aumenti di mortalità.
La convinzione che la glicata vada tenuta a <7% per la maggioranza dei diabetici, anche intensificando politerapie, non è fondata sulle migliori prove di efficacia e sicurezza, benché alimentata da Società di diabetologi.
Le Società scientifiche AMD e SID negli standard italiani 2014 per la cura del Diabete T2 (e sul sito AMD) continuano a raccomandare una triplice terapia orale quando metformina e un secondo farmaco non mantengano il “controllo della glicata” (in genere <7%), e di considerare l’inizio/aumento dell’insulina ogni 2-6 mesi per ridurre/mantenere valori di glicata ≤7%.
Confrontando tali raccomandazioni con il più prudente algoritmo AIFA, che pure AMD/SID hanno sottoscritto (!), o con revisioni sistematiche dei geriatri USA, si comprende quanto siano sbilanciate rispetto alle prove disponibili, e portino a consumi eccessivi/rischiosi di farmaci e tecnologie.
La convinzione che la glicata vada tenuta a <7% per la maggioranza dei diabetici, anche intensificando politerapie, non è fondata sulle migliori prove di efficacia e sicurezza, benché alimentata da Società di diabetologi.
Le Società scientifiche AMD e SID negli standard italiani 2014 per la cura del Diabete T2 (e sul sito AMD) continuano a raccomandare una triplice terapia orale quando metformina e un secondo farmaco non mantengano il “controllo della glicata” (in genere <7%), e di considerare l’inizio/aumento dell’insulina ogni 2-6 mesi per ridurre/mantenere valori di glicata ≤7%.
Confrontando tali raccomandazioni con il più prudente algoritmo AIFA, che pure AMD/SID hanno sottoscritto (!), o con revisioni sistematiche dei geriatri USA, si comprende quanto siano sbilanciate rispetto alle prove disponibili, e portino a consumi eccessivi/rischiosi di farmaci e tecnologie.
3.
La campagna AIOM (Associazione Italiana
Oncologia Medica) di prevenzione del tumore prostatico segnala con merito stili
di vita sani per la prevenzione primaria e terziaria, pur consigliando anche il
consumo di vitamine-integratori come
Vitamina E e selenio, con possibile effetto opposto.
Purtroppo
però nella pubblicazione ufficiale, con contributo non condizionato di
Sanofi-Aventis, l’AIOM ripropone il PSA di screening: “Nel dubbio va comunque
fatto!… PSA resta consigliabile per tutti gli uomini >50 anni” (mentre il
sito ministeriale scoraggia espressamente tale screening: “… allo stato
delle conoscenze, si è ritenuto che i rischi legati alla periodica esecuzione
del PSA siano maggiori dei suoi benefici”).
Anche le raccomandazioni relative delle Società Scientifiche Urologiche
sono sbilanciate rispetto a quelle degli esperti di sanità pubblica.
Potremmo proseguire con esempi nella stessa direzione: le Società
scientifiche di specialisti delle varie discipline enfatizzano le proprie
prestazioni tipiche, ben più di quanto facciano medici di sanità pubblica,
metodologi ed esperti indipendenti in HTA.
Proposte
di soluzione per gli emendamenti
Dunque
le Società Scientifiche non possono avere l’esclusiva per definire
raccomandazioni d’appropriatezza nei confronti di comunità di
cittadini-assistiti.
La definizione dei criteri d’appropriatezza (o di raccomandazioni/linee guida/percorsi Preventivo-Diagnostico-Terapeutico-Assistenziali rivolti ai professionisti sanitari di un territorio) deve, certo, veder coinvolte anche le rappresentanze delle discipline specialistiche, e della Medicina Generale. Ma le articolazioni del SSN (Ministero della Salute, Regioni, ASL) devono sedere agli stessi tavoli, come coordinatori e con proprie rappresentanze tecnico-scientifiche, con capacità di entrare nel merito delle valutazioni delle prove e mandato di tutelare gli interessi della comunità di riferimento.
La definizione dei criteri d’appropriatezza (o di raccomandazioni/linee guida/percorsi Preventivo-Diagnostico-Terapeutico-Assistenziali rivolti ai professionisti sanitari di un territorio) deve, certo, veder coinvolte anche le rappresentanze delle discipline specialistiche, e della Medicina Generale. Ma le articolazioni del SSN (Ministero della Salute, Regioni, ASL) devono sedere agli stessi tavoli, come coordinatori e con proprie rappresentanze tecnico-scientifiche, con capacità di entrare nel merito delle valutazioni delle prove e mandato di tutelare gli interessi della comunità di riferimento.
Una cosa, infatti, è la responsabilità/autonomia decisionale del clinico
verso il paziente che lo ha scelto, un’altra, che la Sanità pubblica non può
eludere, è la responsabilità di formulare raccomandazioni basate sulle migliori
prove esistenti rivolte ai professionisti, che poi ne terranno conto, con gradi
di libertà e personalizzazione, nell’applicarle all’assistito che hanno di
fronte.
Si ritiene che, per avere buone pratiche/linee guida di riferimento
nazionali, sia opportuno riavviare un Programma nazionale, affidando il
coordinamento suo e dei tavoli di lavoro a istituzioni tecnico-scientifiche
pubbliche (ISS, Agenas,…), con adeguata partecipazione di esperti senza
conflitti di interesse, investimenti per formare professionisti idonei a
valutare criticamente le prove disponibili e a sintetizzarle in bozze di
raccomandazioni, da aprire ai contributi/commenti pubblici e della comunità
scientifica prima dell’adozione formale.
Per mettere a regime tale processo occorreranno certo anni, ma non
pensiamo che “avere una linea guida sia sempre meglio che non averla”. Se sono
linee guida non basate sulle prove (di efficacia, sicurezza, costo-efficacia,
ecc.) e veicolo di conflitti d’interesse con la salute e la sostenibilità del
SSN, meglio prendersi il tempo necessario per costruirne con tutti i requisiti.
E
trovare comunque nel frattempo altri strumenti per ristabilire a chi spetti
l’onere delle prove nelle cause per malpractice e
scoraggiare cause azzardate verso chi esercita le professioni sanitarie.
Proposte
di soluzione strategica dell’attuale conflitto di interessi tra Sanità e Salute
Infine,
pensiamo si debba aprire una riflessione sul fatto che parte dei clinici, e
parte di chi li informa e orienta, non agisce solo in base a scienza/prove scientifiche e coscienza/etica, ma anche a (umanissimi) interessi. Poiché questo terzo grande determinante dei
comportamenti degli esseri umani, sanitari compresi, è imprescindibile, occorre
ragionare su come allineare alla
salute della comunità e alla sostenibilità del sistema sanitario anche gli interessi/sistema premiante degli
attori in Sanità.
Va presa anzitutto coscienza del fatto che le modalità oggi prevalenti di remunerazione di tali attori e di finanziamento delle loro Organizzazioni non sono affatto allineate alla salute: per tanti di loro l’esito Salute non è conveniente.
Va presa anzitutto coscienza del fatto che le modalità oggi prevalenti di remunerazione di tali attori e di finanziamento delle loro Organizzazioni non sono affatto allineate alla salute: per tanti di loro l’esito Salute non è conveniente.
La
nostra principale proposta, illustrata in Allinearesanitaesalute.org,
è far coincidere il sistema retributivo e premiante degli attori in Sanità con
gli interessi di salute della popolazione. Pensiamo meriti di essere
approfondita da chi ha l’onere di governare la Sanità italiana."
PER APPROFONDIMENTI: Il testo completo della lettera è
riportato in un articolo pubblicato all’interno di Salute Internazionale,
disponibile al seguente link: http://www.saluteinternazionale.info/2015/10/lettera-aperta-allonorevole-gelli/
Il testo “Disposizioni
in materia di responsabilità professionale del personale sanitario” è
stato proposto dalla commissione degli Affari Sociali alla Camera dei Deputati
e rappresenta una sintesi di diverse proposte in materia giacenti in Parlamento
e si compone di 10 articoli inerenti al tema della responsabilità professionale
(il testo completo è disponibile al seguente link http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato5978777.pdf
).
L’On. Gelli, Relatore in Commissione
Affari Sociali e Responsabile Sanità del Pd, ha recentemente proposto alcuni
emendamenti di modifica del suddetto testo prima che si avvii l’approvazione
del testo definitivo, fissata entro l’anno (il pdf degli emendamenti è
disponibile al seguente link http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato4125370.pdf
).
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